Tomba via Polibio – Ipogeo Genoviva

 

TOMBA A CAMERA – Ipogeo “Genoviva”

Taranto, via Polibio 75

Età Ellenistica

Nel 1968 durante lavori per la costruzione di un immobile per civili abitazioni, fu rinvenuto un nucleo di sepolture, fra cui un ipogeo funerario, che a scavo ultimato fu inglobato in un ambiente seminterrato al di sotto dell’edificio in costruzione al numero civico 75 di via Polibio.
La tomba monumentale è oggi accessibile autonomamente da un cortile parcheggio di proprietà privata, che prospetta sulla traversa che immette su via Pio XII.
Il dromos a nove gradini, parzialmente intagliato nel banco locale, con pareti intonacate, si apre ad ovest ed immette, attraverso una porta di tipo dorico, probabilmente in origine a doppio battente ligneo, in un lungo vestibolo a pianta rettangolare, che si sviluppa in senso nord-sud e su cui si aprono quattro celle funerarie affiancate. La struttura perimetrale, parzialmente ricavata nel banco di roccia, è costruita nella parte superiore con blocchi squadrati di carparo, sormontati da una cornice con modanature, di supporto alla copertura a lastroni, rinvenuti parzialmente in posizione di crollo durante le operazioni di scavo; con blocchi messi in opera sul posto sono realizzati inoltre gli elementi divisori delle varie camere e l’affaccio monumentale sul vestibolo. Le pareti sono intonacate e la cornice è dipinta con partiti decorativi geometrici in rosso e azzurro su fondo chiaro (linguette marginate, fascia a meandro).
La fronte delle camere funerarie è caratterizzata dalla presenza di tre semicolonne di ordine dorico, tagliate sul blocco monolitico che funge da stipite e su cui poggia la cornice modanata con funzione di architrave. Tali elementi inquadrano architettonicamente le lastre delle porte delle celle, a doppio battente con dente d’incastro, o monolitiche. Tracce di colore rosso sono state individuate anche ai lati delle semicolonne durante recenti saggi di pulitura, da estendere a tutte le superfici intonacate.
Va segnalata la presenza, nella camere più settentrionali, di pilastri di carparo sormontati originariamente da capitelli, recentemente ricollocati in situ.
Una kline (letto funebre) realizzata con un blocco monolitico di carparo a margini rilevati in corrispondenza delle testate, adagiato in senso est-ovest su un vespaio di pietrame, che invade parzialmente la soglia, è conservata all’interno della camera in asse con l’ingresso, mentre nelle altre il sarcofago o letto funebre doveva essere realizzato in legno, come documentano le quattro fossette angolari per l’incastro dei piedi. Le superfici esterne delle porte conservano uno strato uniforme di intonaco, che copre anche la linea di incastro fra i battenti e i punti di giunzione con la parete monumentale, consentendo di ipotizzare una sigillatura delle singole celle a seguito dell’utilizzo.
Resta inoltre poco chiara la funzione della fossa rettangolare ricavata fra la porta di accesso e quella della camera funeraria in asse, di cui non viene fatta menzione nel rapporto di scavo, ma nella quale, sulla base di testimonianze orali, sarebbero stati rinvenuti diversi resti ossei.
L’ipogeo, espressione di un nucleo familiare relativo ad un ceto sociale abbiente, sembra sia stato utilizzato fra il 330 a.C. ca. e il III secolo a.C. avanzato e costituisce pertanto una delle testimonianze più antiche del rinnovato uso, interrotto agli inizi del V secolo a.C., di monumentalizzazione della necropoli che caratterizzerà a Taranto l’età ellenistica, anche dopo la conquista romana.

 

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