Isole Cheradi

 

Oasi Naturalistiche
Le isole Cheradi, S.Paolo e S. Pietro, hanno origini geologiche relativamente recenti circa 20.000 anni fa.
Le isole costituivano colline a circa 130 metri sul livello del mare di allora; anzi le Isole costituivano con l’attuale
Punta Rondinella lo spartiacque fra due valli fluviali di cui una correva dove ora c’è il Mar Grande. Il miglioramento climatico successivo ha portato alla fusione di buona parte dei ghiacciai e al conseguente innalzamento del livello marino; questo ha raggiunto la sua posizione attuale, metro più metro meno, circa 6.000 anni fa.
Allora le Isole erano ben lungi dall’essere ancora tali: costituivano una penisola, più o meno larga, sempre collegata all’attuale Punta Rondinella, protesa una decina di chilometri verso il mare aperto.
In quel tempo, parallelamente all’evoluzione verso la forma ad “isola”, ne inizia prima la preistoria e quindi la storia che corre, varia e complessa, strettamente legata a quella della città dirimpettaia.
Il mare ormai stabilizzato intorno alla posizione attuale inizia lo smantellamento dell’istmo fra Punta Rondinella e Punta lo Scanno. Probabilmente in quel tempo gli abitanti dei villaggi dello Scoglio del Tonno e di Punta Rondinella si recavano su quelle terre, ancora non isole, a caccia, come testimoniano alcuni rinvenimenti effettuati, e probabilmente le utilizzavano per usi agricoli o di pascolo.
Resti di un abitato di epoca greca e poi romana sono stati trovati presso Punta Lo Scanno, di fronte alla Secca del Casale così indicata perchè i pescatori già nel Cinquecento potevano notare dalle barche sul basso fondale i resti di abitati “ingoiati dall’onde” (D’Aquino, fine Seicento). E nei dintorni dell’abitato evidenti sono le aree dedicate a necropoli, mentre su tutta l’area dell’Isola di San Pietro permangono i resti medioevali degli insediamenti rurali dei contadini.
In epoca medioevale la tradizione vuole che su entrambe le isole siano stati veri e propri monasteri di cui si leggono tracce negli scritti d’epoca; questi, dedicati a Sant’Andrea e a San Pietro, dovevano richiamare all’intorno una cospicua popolazione che doveva a sua volta popolare piccoli villaggi, poco più che masserie.
E in questo periodo le Isole servirono, a più riprese, quale ottime basi per svernare e come punto di appoggio per incursioni verso l’entroterra, alle bande di pirati, a volte vere e proprie flotte, in particolare di ottomani.
In tempi più recenti, siamo alla fine del Settecento, le isole attrassero l’attenzione del genio militare di Napoleone; su indicazione dell’Ammiraglio Villeneuve, l’Imperatore decise di fare di Taranto il suo avamposto nel Mar Mediterraneo ed a tal fine fece fortificare l’Isola di San Paolo.
L’opera fu affidata ad un Generale dell’Artiglieria, lo scrittore e poeta Laclos, che, morto subito dopo, fu sepolto nella fortificazione che da lui prese il nome di “Forte Laclos”.
Ha quindi inizio per le isole la destinazione quale strumento determinante per la difesa foranea di Taranto.
Con l’Unità d’Italia le isole furono subito sottoposte all’attenzione delle autorità marittime. Passate dai beni del Capitolo a quelli del regno, sull’Isola di San Paolo fu inizialmente costruito il Faro che doveva guidare i naviganti nel Mar Grande.
Alla fine del secolo, con la costruzione a Taranto della base navale sotto l’attenta direzione del Colonello Cugini, le isole divennero il cardine delle opere di difesa foranea previste. Sull’Isola di San Paolo furono costruite due fortificazioni: la Batteria Ammiraglio Aubry, con cannoni da 149 mm, e la Torre Corazzata Umberto I con obici da 400 mm; quest’ultima, ancora molto ben conservata, costituisce un mirabile esempio di ingegneria militare per grandiosità ed innovazione realizzativa, unico esempio sopravvissuto al mondo.

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